Un grande merito attrae molti ammiratori, ma pochi amici, e raramente dei benefattori

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  1. Bowser and Peach
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    Qual bel diurno si era appena appropinquato nella cittadina dal sorriso sbilenco qual era Koopano! Un bel paesino di provincia, eretto a pochi chilometri di distanza da Cittix, piccola metropoli dalla densità più alta di quanto si possa immaginare, di cui si riusciva a scorgere i grattacieli più alti anche da lì, specialmente sulla bella collinetta, che raggiungeva il punto più culminante della cittadina, la quale troneggiava un ciliegio, unico superstite naturale di quello che passò alla storia come il disastro di Koopifacio VIII, avvenuto sei mesi prima, le cui gesta venivano accuratamente narrate nella versione di Giulia Merlani, una dei principali artefici del misfatto nel suo primo volume “La fanciulla sulla collina”, che narrò tutto da un punto di vista molto personale –suo e di coloro che facevano parte della sua cerchia di amici e intellettuali, volendo anche della famiglia reale, tornata a governare sul loro pezzo di terra rovinato qual era IsolBowser- gli avvenimenti passati mesi e mesi prima.
    Il libro ebbe un buon, ottimo successo, sebbene fosse stato apprezzato più dalla critica che dal pubblico, volendo per il linguaggio molto elaborato che la marchesina adoperò, volendo per un pregiudizio che tuttavia era rimasto, seppur affievolito, nei cuori dei koopa, memori ancora di ciò che gli umani compirono nei loro confronti, e anche nelle dinamiche di quella guerra fulminante quanto devastante, un conflitto che tuttavia motivò gli abitanti di tutta Isolbowser, unita e spronata verso un’azione di riforma, di restaurazione dei loro orgogli, di quelli che resero il paese quella potenza e meta turistica ambita dagli abitanti stranieri: la collina, sebbene non raggiungeva ancora la bellezza di un tempo, fu di nuovo popolata da alberi provenienti dalla Koopalandia, offerti dalla gentilezza del presidente Koopama o nati in serre fatte di fortuna piantati dagli stessi cittadini.
    Lentamente la vita pareva tornare normale: i koopini tornavano a scuola a imparare tutte le materie che erano state prescritte, non solo religione, come voleva l’ormai ex sovrano qual era Koopifacio, i giornalisti, anche quelli televisivi –quelli della Gazzetta dei Koopa in primis- tornarono a fornire un’informazione condizionata solo dalle idee liberali di un Bowser, che nel frattempo si fece vedere in poche occasioni, e tra queste, figuravano visite nell’accademia degli Schiaffi, ch’ormai era al culmine della popolarità, e soprattutto alla famiglia Merlani, sempre in prima fila per apportare miglioramenti nel loro ambiente fisico, e soprattutto culturale nei loro dintorni, e volendo anche fuori: come scritto prima, Giulia redasse il libro, quello che volle sempre pubblicare, quello per il quale per sbaglio iniziare tutta quella diatriba che descrisse nei dettagli nel suo lavoro.
    Ma come si poteva dedurre, la vita dell’umana cambiò totalmente: Alessandro, il koopa del quale il suo amore rimase immutato nel giro di pochi giorni, gli amici e i genitori, -soprattutto Marianna- che ormai facevano un vanto di avere due letterati noti in famiglia, la mettevano sempre al centro dell’attenzione, fonte di orgoglio in ogni nuova riunione del loro circolo culturale. Una fanciulla umana, graziosa e intelligente probabilmente era una rarità nella realtà comune, tanto che veniva invitata in tv, a scrivere in varie riviste di letteratura, anche di filosofia, teologia e chi più ne ha più ne metta, ma a parte sporadici sì, rifiutava sempre tutto, e non riusciva più ad uscire dal suo tempietto neoclassico, tornato splendente come un tempo in seguito a una ristrutturazione, per paura di non riuscire più ad essere vista come una persona normale, temendo di essere assalita sia da fans, che dagli inevitabili haters, che in qualche modo erano ancora stretti agli insegnamenti di quel sovrano che riuscì a persistere per così poco, ma la cui influenza non riuscì a sparire totalmente.
    Eccola, che la fanciulla si affacciò alla finestra, appena sveglia dall’accecante luce del splendido astro qual era il sole, tenendo in mano un bel libro, di quelli che era solita leggere prima di dormire, Koopane Eyre, di tale Koopotte Boronte, la cui trama stava riuscendo ad appassionare; ormai la lettura era una delle poche cose della vecchia vita che la marchesina amava fare, eseguire, insieme alle chattate su Kuotsapp con i suoi fedeli amici –soprattutto Alessandro-, che la stimavano da sempre, e che mai riuscirono ad abbandonarla.
    Giulia, la marchesina dai capelli color castano, stava guardando silenziosa, come la casa che la stava ospitando, l’alba, una delle tante che si erano stagliate sul cielo sopra il suo bel palazzo, e ne rimase incantata, come suo solito, dalla bellezza dei suoi colori, tanto da scrivere delle brevi frasi sul suo nuovo quadernino, diverso dai due che aveva utilizzato finora, essendo esso più grande ed ebbe una copertina color indaco, decorata da un fiocchetto ceruleo e il cui odore pareva quello di lavanda. Questo fu un regalo creato direttamente da una casa dei Boo, sperduta nei meandri di IsolBowser, probabilmente vicina a Borgo Bowser, nella quale si radunavano millemila intellettuali defunti provenienti da ogni angolo dal mondo Bowser, per discutere dei loro lavori, per esprimere finalmente un’opinione, nei confronti dell’autore che si ammirava maggiormente in vita o semplicemente per passare un po’ di tempo in maniera intelligente, mandato alla famiglia della scrittrice in segno di rispetto per la sua opera.
    Era appena iniziata una bella giornata, insomma. Giulia aprì le ante dell’armadio, indossò un bell'abito à la française rosa, pieno di fiocchi, uno dei suoi soliti, che riprendevano in tutto per tutto la moda di tre secoli prima, e scese dalle scale, felice di fare una buona colazione a base dei suoi dolcetti preferiti.


    Ecco che ho startato! Spero che questa nuova role ti piaccia, e mi faresti un favore, per piacere? Come vedi, il titolo non è completo perché non ci stava -mannaggia a Forumfree-...
    Potresti sostituirlo con questo, per favore?
    Un grande merito attrae molti ammiratori, ma pochi amici, e raramente dei benefattori.
    Chiedo venia per l'inconveniente


    Edited by Re Bowser - 30/3/2016, 20:35
     
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    Che bello! E come al solito vedo i tuoi coltissimi riferimenti ;)
    PS: Ieri ho visitato molti paesini in riva al Lago di Como in un viaggio estenuante ma moooolto bello. Ho visitato due ville: una si chiama Villa Carlotta, costruita nel 1700 con ancora gli interni preservati (ho pensato a te! :P). L'altra è la Villa del Balbianello, sempre del 1700 ma tutta ricostruita e riarredata negli anni '70...
    Villa_Carlotta
    Villa Carlotta
    villa-del-balbianello-24-665x443
    Villa del Balbianello


    Ci son voluti secoli per costruire gli edifici di IsolBowser, i giardini sono stati curati meticolosamente. Ma pochi giorni son bastati per distruggere tutto ciò che c'era di bello. Sei mesi dopo, il paesaggio iniziava ad assumere nuovamente l'aspetto di prima, ma agli occhi di un esperto era ancora scarno e poco colorato.
    Pochissimi giorni di fuoco (definito "fuoco salvifico" da Koopifacio VIII), lava (definita "lava purificante") e petrolio (definito "nettare e ambrosia") avevano ucciso sul crescere i fiorellini variopinti e anche alcuni alberi più vecchi del nonno di Bowser non erano riusciti a resistere a quell'aria velenosa.
    Ma dieci anni potevano bastare, affinché la natura si riprendesse. Un'altra cosa era stata inquinata: per guarire quella ci sarebbero voluti secoli. Era la mentalità dei Koopa, irrimediabilmente danneggiata da Koopifacio VIII. Meno male che i Koopa dalla mentalità danneggiata erano davvero pochi, forse anche meno rispetto a prima. Però erano molto più radicali e ostinati di prima: erano quel tipo di persona disgustosa che pensa sempre di aver ragione. Bowser non aveva preso nessun provvedimento contro di essi: da sei mesi aveva deciso di seguire le orme di Koopalandia. Era sempre una monarchia, ma sempre di più religione e stato stavano separandosi. Sempre di più IsolBowser usciva dai Paesi oppressivi e andava ad avvicinarsi al regime liberale di Koopama.
    L'unico modo di piegare i Koopa ignoranti era quello di "istruirli". Ma neanche quello era semplice, perché, come già detto in precedenza, coloro che rimanevano con la mentalità di Koopifacio VIII erano principalmente coloro che pensavano di aver sempre ragione.

    Bowser, dopo aver firmato molti documenti, ricevuto ospiti nobilissimi e pensato ad alcune leggi, si sedette sulla sua poltrona, sul balcone del castello, con gli occhi fissi all'orizzonte, senza espressione. Quegli occhi rossi avevano visto tante cose, eppure anch'essi erano vecchi e certe volte, soprattutto quando il cielo non dava buoni segni, erano offuscati, come se la Morte si divertisse ad applicarvi una patina opaca, come se volesse dirgli "Memento mori!".
    Bowser si tolse quell'orribile pensiero dalla testa: in fondo aveva appena quarant'anni. Però la maggior parte degli anni vissuti erano anni da Re e da Sacerdote Supremo. Andò in palestra e sollevò pesantissimi macigni con un braccio solo: la forza gli era rimasta. Ma un giorno... Un giorno tutto sarebbe passato a Bowser Junior.
    Ma quella era solo una capricciosa crisi di mezza età: il re di IsolBowser era uno dei quarantenni più energici dell'isola ed era anche colto. Due qualità che difficilmente si potevano trovare allo stesso tempo in un solo individuo!
    Per un momento, il sovrano pensò alla famiglia Merlani e all'Accademia degli Schiaffi. Si era incontrato di rado con loro, ma era sempre un piacere parlare di eventi passati, anche se non proprio belli da ricordare. Durante uno degli incontri, aveva pure obbligato Iggy a chiedere scusa sia a Giulia che al suo ex-amico Pietro. Ormai però l'amicizia fra i due si era un po' sfaldata e il Bowserotto spilungone era ritornato a giocherellare con i suoi pericolosissimi oggetti di scienza.

    Quella sera di primavera, nel Tempietto di Kooperroè, alla messa c'era il solito giovane Abbondio. Abbondio era un umano, ancora adolescente. Era l'unico umano della prospettiva di Koopifacio VIII della religione Bowseriana. Infatti era stato educato dal sacerdote del Tempietto di Kooperroè, che gli aveva inculcato nella mente e nel cuore tutte le idee di umani come esseri inferiori. E tutti gli altri che negavano quell'ovvia dottrina, compreso Re Bowser, erano i "meno fortunati", ovvero quelli che non avevano avuto la fortuna di nascere in una famiglia privilegiata.
    Naturalmente Abbondio era stato preso in giro durante la sua infanzia fino alla sua adolescenza. Però, siccome tutte le idee erano ben inculcate nel suo cervello, aveva perso la capacità di pensare e riflettere con la propria testa. Per lui l'unica verità era ciò che diceva il sacerdote. Quindi lui era inferiore: ma non c'era nessun problema: prima di andare in Paradiso avrebbe dovuto reincarnarsi nel corpo di un Koopa. Questa assurda interpretazione della sacra scrittura non era, sfortunatamente, l'unica.
    «Disprezza gli altri, e avrai la possibilità di reincarnarti in un Koopa. Dopodiché, alla fine della tua seconda vita, potrai andare finalmente in Paradiso. Che dire, sei davvero sfortunato, meno male che non sono nella tua situazione!» diceva il sacerdote di Kooperroè, mentre Abbondio annuiva e basta, incapace di ragionare.
    Dopo la messa, fece finta di andare a fare una passeggiata, però poi vide la casa di Giulia Merlani. Non c'erano molte persone che andavano a suonarle al campanello, perché non amava essere al centro dell'attenzione (la cassetta postale era però strapiena). Il suo paesino era abbastanza lontano da Koopano e da lì si vedeva solo il piccolo campanile del suo tempio, con le campane che annunciavano il momento del "rosario Koopa". Dopo essersi guardato bene alle spalle, premette il pulsante del campanello della splendida villa neoclassica, mentre teneva stretto a sé la scrittura sacra.
     
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  3. Bowser and Peach
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    Wow! Che ville stupende *-*
    La prossima volta mi ci porti :Q___


    Il campanello suonò.
    Giulia, l’unica ad essere sveglia, corse per le scale e i corridoi che separavano la sala da pranzo dal portone d’ingresso in legno di quercia, un elemento fondamentale della casa che era lì, sopravviveva fin dal giorno in cui è stato costruito, negli ultimi anni del diciottesimo secolo, che faceva la sua bella figura in un edificio neoclassico, come il palazzo dei Merlani.
    Ella lo aprì e si avvicinò al giovane umano dedito già alla sua giovane età al sacerdozio, un fanciullo di cui un Flavio ancora debole ma sano al punto da professare ancora attivamente le cerimonie, probabilmente sarebbe stato fiero, di cui la marchesina ancora non sapeva ancora il nome, che rimarcava notevolmente un noto personaggio Boonzoniano. Lo guardò e gli sorrise: “Ciao” mormorò cordialmente sistemandosi il suo delizioso abito rosa, tenendo ancora al suo aspetto fisico e curandosi della sua eleganza. “Se cercate un autografo, sono disponibile. Se avete una penna, e un foglio, posso farvelo anche ora. Come vi chiamate, giovane sacerdote?” chiese tornando ad esprimere un certo candore, un’ingenuità, che sebbene fosse stata calata drasticamente dagli eventi, non persisteva a sparire completamente, uno dei pochi residui di una vecchia Giulia, una marchesina rimasta ancora bambina, una dolce pargoletta rimasta ancora a cullare nelle parole di un Goombrodari, di una Koopausten o di un Boosvevo mormorate dolcemente dal padre o dalla madre prima di andare a letto.
    Il sole era alto sopra di loro, e risaltava i colori di ciò che rifletteva, dalla vivida erbetta del giardino, all’abito rosa della ragazza, fino a passare alla tonaca nera del suo coetaneo, due abiti diversi, che entrambi arrivavano fino ai piedi di chi l’indossava.
    “State bene?” chiese la marchesina attendendo ancora una risposta da parte del prete.
     
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    Ma aspetta, guarda che è sera eh :P


    “È la casa degli umani...” pensò Abbondio “Il mio prete ha detto che devo cercarli di convertirli...”.
    Poi vide gli occhi di Giulia e lo colpirono quasi più di quanto fosse successo a Ludwig poco più di sei mesi addietro.
    «Mi c-chiamo Ab-bondio...» balbettò, imbarazzato «E no... Non sono un giovane sacerdote... Non potrei mai diventarlo! Il massimo che posso diventare è un convertitore (evangelizzatore)»
    Abbondio era consapevole di essere un umano ma, come già detto, la capacità di ragionare con la propria testa gli era stata privata dai sacerdoti di Kooperroè. Perciò iniziò a predicare l'alternativa interpretazione delle sacre scritture, fiducioso del fatto di diventare un Koopa nella sua seconda vita.
    «Scusate se vi disturbo...» disse il giovane umano. Avrebbe quasi sicuramente fatto impazzire qualunque ragazza umana, però tutto quell'aspetto esteriore era sminuito da una mente chiusa, pessimista e remissiva. Era bravo in qualsiasi sport, ma non poteva praticarne nessuno, dato che da lui il movimento veniva considerato qualcosa di “troppo attaccato ai beni terreni e poco tendente al Cielo”. I suoi occhi erano spenti, ma non per sempre. C'era qualche barlume di speranza in essi, ma in quel momento erano solo di un marrone impenetrabile.
    «Scusate per il disturbo...» ripeté, accorgendosi del fatto che il sole si era già nascosto dietro alle onde del mare «Potrei entrare a casa vostra? È una cosa velocissima...» e tirò fuori dalla borsa dei foglietti stampati in tutte le lingue.
    Nel momento in cui tirò fuori i foglietti, alcuni dei vicini si accorsero che tipo era lui. Uno dei testimoni di Bowser I! Erano le controparti bowseriane dei Testimoni di Geova. Erano i rappresentanti dei pochi Koopa che ancora credevano alla dottrina anti-umana, che di tanto in tanto andavano per le vie citofonando gli abitanti, cercando di convertirli.
     
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  5. Bowser and Peach
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    “Piacere, signorino Abbondio, sapete che avete un nome particolare, come quello di un personaggio dei Koopa promessi di Boonzoni?” salutò educatamente la marchesina stringendo la mano al giovane convertitore, e ridendo lievemente, ma la sua espressione venne coperta dalla sua mano sinistra, che poteva esibire un anello dorato, con un’ametista incastonata sopra, che risplendeva alla luce solare, abbagliando leggermente gli occhi di chi poteva guardarlo. Questo era un dono da parte del suo caro Alessandro in occasione del loro fidanzamento pochi mesi prima, in un giorno estivo, il quindici luglio, il giorno del suo compleanno. Quella era stata una festa ai limiti della formalità, alla quale anche Bowser nono e i suoi figli presenziarono. Una celebrazione piuttosto noiosa, ravvivata solo dalla proposta di un matrimonio remoto, futuro, piuttosto audace, date le razze dei due futuri sposi.
    “Purtroppo non potete entrare dentro la nostra casa, visto che mio padre e mia madre sono fuori casa per un mercatino di beneficienza del tempio di piazza Kooprarca. Perdipiù noi siamo felici della nuova piega che la nostra religione prese dopo gli eventi che si scatenarono sei mesi fa, divenendo più liberarle: rispetto la vostra opinione, quella dei convertitori, figura tipica della nuova dei religione dei testimoni di Bowser, anche se non sono molto d’accordo con le vostre idee, soprattutto quelle sugli umani. Chiedo venia per l’inconveniente” continuò parlando come un libro antico, uno di quelli polverosi che si accumulavano nella grande biblioteca di famiglia, che leggeva volentieri, e nei pensieri da giovane colta qual era lei, un dubbio cominciò ad attanagliarsi: Perché un umano, come lei, doveva essere a favore di una dottrina che non lo avvantaggiava per niente, che lo rendeva succube di una specie diversa, che lo impediva di essere felice?
    Ma allo stesso tempo agli occhi della giovane marchesina, Abbondio incuteva una certa tenerezza, per i modi timidi, cortesi al contempo, in cui si esprimeva. Le dava anche un’impressione piuttosto triste: aveva l’aria di essere un personaggio a cui era stato effettuato un pesante lavaggio del cervello, una manipolazione che difficilmente si sarebbe potuta annullare, ed ella, al posto di andarsene, come avrebbe fatto una persona normale alla vista del volantino o al sentire la parola convertitore, continuò a parlarci, asserendo quelle parole che la giocatrice riportò quanto prima.
     
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    «Non è una nuova religione!» spiegò il giovane Abbondio alzando uno dei suoi foglietti e sorridendo. Sembrava proprio un vaso di porcellana costretto a viaggiare insieme a tanti vasi di magma indurito. «La nostra è la concezione ge-nu-i-na della religione di Bowser I!»
    Abbondio osservò con timore la bellissima villa neoclassica dei Merlani e poi sospirò, dato che non poteva entrare a sedersi. Il suo paesello era piuttosto lontano e aveva camminato così tanto che non riusciva nemmeno a reggersi in piedi.
    «Beh... Trattieniti solo un attimo, così racconto la verità. La verità è una sola. Come saprai bene, noi Koopa siamo imperfetti, perciò ogni cosa, anche eterna, quando resta in un posto dove scandisce inesorabile il tempo, rischia di corrompersi, a causa nostra. Naturalmente tutto succede secondo il volere di Bowser I, ecco perché noi siamo riusciti a mantenere le vecchie tradizioni. Koopifacio VIII, quando era sacerdote supremo sotto il regno di Bowser, cercava proprio di espandere questa visione... Adesso purtroppo la sua ideologia è segregata in poche famiglie...»
    Il giovane umano respirò profondamente, dopo aver finito di ripetere quella filastrocca che aveva ripetuto chissà quante volte (anche se non era mai riuscito a finirla completamente perché solitamente i Koopa gli chiudevano la porta in faccia). «Beh... — gli occhi di Abbondio iniziavano ad essere animati da un bagliore... sarebbe stato un peccato spegnerlo — ... Che ne pensi? Certe volte bastano solo delle piccole parole... E poi è fatta... Il nostro Bowser I stesso parlava con brevi sentenze...»
    Naturalmente, come ogni buon testimone di Bowser, non aveva parlato dei dogmi della religione, come il fatto che gli umani dovevano reincarnarsi in Koopa, che i Goomba erano automaticamente condannati all'Inferno e che, dopo la fine dei tempi, solo centocinquanta mila eletti avrebbero seguito Bowser I in Paradiso (mentre tutti gli altri, Koopa appena nati, adulti, vecchi e morti, sarebbero rimasti nel paradiso terrestre).

    Poi oggi è S. Abbondio :P
     
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  7. Bowser and Peach
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    Giulia ascoltò attentamente le parole del giovane predicatore, ma sembrava ancor meno convinta di prima, per i termini, così inadatti ch’egli usò così ingenuamente al punto che teneramente non capiva neppure lui ciò che cercava inutilmente di mettere dentro alla testa della sua interlocutrice, un’umana, esattamente come lui, anche se non si riteneva tale, che ha avuto quel dono (o quella sventura) di vivere in una famiglia dalle idee liberali, illuminate, quei pensieri che scandirono il pandemonio suscitato mesi prima.
    “Io sono felice di appartenere a una visione del mondo Bowseriano moderna, che non prende le sacre scritture alla lettera… so che potrò deluderti, ma non me la sento di convertirmi a una corrente di pensiero che pensa a declassare noi umani a creature di poco conto, sarebbe contrario anche alla mentalità di Bowser I stesso, che riteneva tutti quanti come suoi figli, per quanto essi potessero essere anche persone, perché tutti meritano il perdono del Sommo…” mormorò la marchesina illuminista abbassando il capo davanti a quel giovane dalla mentalità a suo parere corrotta, ma che rispettava. Dopotutto nessuno doveva essere trattato male per delle ideologie, per quanto esse potessero essere scorrette, o inusuali, strane davanti a una sensibilità moderna.
    Ma la ragazza, tuttavia, non era disposta a congedare il predicatore dalle dubbie capacità, anzi, gli tese la mano, da dietro il cancello, che non aprì, per paura di ripercussioni negative, come quelle che succedettero col giornalista tempo addietro, vicende che lei cercava di rimembrare il meno possibile, ma che le era impossibile cancellare dalla mente, condizionata dalle conseguenze che vennero.
    “Tuttavia” cominciò la scrittrice sfoggiando un sorriso vero, luminoso come il sole che in quel momento stava scendendo per dar spazio alle piccole stelle lontane, che con meno potenza arricchivano il manto oscuro della notte, punti microscopici che si cominciavano a intravedere con il grande astro nel cielo aranciastro, tendente all’indaco più che si stava allontanando. “Tuttavia vi invito a esporre le vostre idee, domani pomeriggio, durante la riunione con la nobile Accademia degli Schiaffi, che mio padre presiede. Sarà bellissimo discutere, ampliare i nostri orizzonti culturali con un bel dibattito!” trillò la marchesina facendo un occhiolino al timido predicatore, mentre una leggera brezza muoveva loro i vestiti e i capelli, che nel caso di Giulia erano raccolti in due codini, comodi durante le giornate dedite allo studio, alla scrittura, o più semplicemente al dolce far niente tipico della loro classe sociale.
     
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    Abbondio fece un cenno di riconoscimento e sorrise. «Grazie per l'invito, signorina Giulia. Difenderò la mia causa con tutto il mio cuore... Per il bene nostro, vostro e di tutti i sudditi del nostro buon dio.».
    Era già buio e il giovane umano passeggiava, finché non vide il campanile del tempietto di Kooperroè in lontananza. "Casa dolce casa" pensò sospirando, anche se ogni volta che tornava lì a casa si sentiva più solo che mai. Dei suoi veri genitori non c'era traccia, ma c'era una storia che riguardava il sacerdote. Infatti, il prete di Kooperroè, un giorno di più o meno sedici anni prima, aveva trovato un cucciolo di umano. Inizialmente aveva pensato di annegarlo in un pozzo, perché figlio di una tradizione in cui la sua specie era considerata impura. Però gli venne in mente una buona idea: l'avrebbe indottrinato, affinché potesse diventare l'arma vincente per convertire tutti gli infedeli alla religione "giusta".
    Abbandoniamo tutte queste intricate descrizioni per focalizzarci di più sugli eventi.
    «Come mai hai fatto così tardi, caro mio?» chiese con noncuranza il sacerdote della parrocchia.
    «Cercavo di diffondere la vera parola di Bowser I... Sono andato a bussare dai Merlani... Domani tornerò da loro per sostenere la nostra causa...»
    «I Merlani?» esclamò incredulo il vecchio Koopa, iniziando a sorridere: convertire quell'influente famiglia avrebbe significato un sacco. Magari l'isola sarebbe nuovamente tornata come ai tempi di Koopifacio VIII (primo sacerdote supremo con inclinazioni simili a quelle dei testimoni di Bowser I).
    «Sì... Proprio loro... Ho avuto coraggio, eh?» tentò di scherzare.
    «Prepara i miei paramenti, domani ti accompagnerò...» ordinò velocemente il prete, ignorando ciò che aveva detto «Ah, sì... Anche tu mettiti qualcosa di decente! Oggi avrai già fatto abbastanza schifo ai Merlani...»
    Infatti, Abbondio viveva in una comunità esclusivamente di Koopa, perciò non si potevano trovare vestiti umani per lui. Se li procurava andando di nascosto a Cittix, dove c'erano più negozi. Però, solitamente, di fronte al sacerdote indossava le vesti da chierichetto. Quella notte, invece, era così felice della notizia datagli da Giulia che si era dimenticato di presentarsi con le solite vesti.
    «Mi chiedo da dove vengano quei vestiti...» mormorò con sospetto il prete «So solo che appartengono al diavolo. Quando avrò tempo preparerò un rogo...» ma non continuò la frase, dato che in realtà gli interessava davvero poco di Abbondio, se non come strumento da utilizzare per scopi personali (e riguardanti tutti i testimoni di Bowser I).
    Quella notte, il prete di Kooperroè continuava a scrivere su un antico computer le sue tesi, le possibili argomentazioni e antitesi dei suoi avversari e poi le risposte ad esse. Si divertiva un sacco. In realtà non c'era bisogno di scriverle, dato che conosceva la sua dottrina come le sue tasche. Però, per tener allenata la mente, aveva deciso di fare ciò. Quel suo lavoro era interrotto, ogni mezzora, da due minuti di preghiera. Erano veloci e composti di frasi ripetute a memoria. Ogni volta che doveva fermarsi a pregare, sbruffava dall'impazienza e, mentre ripeteva quelle parole, pensava ad altre argomentazioni che avrebbe potuto inserire nel suo già lungo file.
     
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  9. Bowser and Peach
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    “Ricordatevi di venire, domani! Sarà molto interessante discutere delle nostre idee e magari di ampliare i nostri piani di pensiero!” trillò la giovane marchesina baciata dall’aranciastra luce di un tramonto di cui nessuno sembrava godere da quelle parti, tralasciato per concetti più astratti come la religione, argomento spinoso, delicato, toccando esso la sensibilità sia di koopa che di umani, fossero essi credenti o meno, sebbene in quegli anni ci fosse stato un aumento di una laicità generale, soprattutto nella lontana e democratica Koopalandia, patria del pensiero libero, dove si diceva che ognuno avrebbe potuto vivere senza essere giudicato da altrui persone o esseri bowseriani che fossero.
    Eppure, lì, in quell’incontro, la stragrande maggioranza dei membri dell’Accademia degli Schiaffi e dei partecipanti in generali professava quella religione controversa qual era quella che venerava Bowser I, eppure in modi differenti, quelli più progressisti e quelli più radicali, che interpretava ogni singola parola enunciata nel loro testo sacro –robetta da nulla secondo gran parte degli abitanti di Koopalandia- alla lettera, senza riuscire a carpire il vero significato di quelle letture tanto analizzate.
    Giulia, al contrario di quanto si potesse pensare, era più felice, fiduciosa. Faceva rimembrare per un attimo quella fanciulletta così tanto ingenua che una manciata di mesi prima aveva coinvolto la piccola isola in cui viveva in una guerra civile, quel brevissimo conflitto che causò così tanti danni, il cui si cercò di rimediare il più possibile, sebbene gran parte della flora richiedesse di un’ingente quantità di tempo per ristabilirsi come lo era prima. Era sì, felice per l’occasione che ella stessa aveva creato, ma non era così tanto sciocca da combinare gli stessi guai di prima: si promise che avrebbe intervenuto più fermamente, senza diventare ferrea tuttavia, ogni caso di esagerazione, sia dalla sua parte che da quella dell’estremista che stava ospitando. Quel povero umano dalla mente risciacquata da anni, anni di inganni e bugie, dopotutto poteva non essere così puro, e rischiava di rovinare la reputazione dell’accademia e dei suoi pensatori, lei e il padre più di chiunque altro.
    Appena Abbondio si allontanò dalla villetta neoclassica dei Merlani, il membro più giovane della famiglia si girò ma non rientrò immediatamente nella sua casetta, rimanendo immobile davanti all’ingresso: guardava con i suoi occhi color cioccolato il primo tratto del cammino del chierico, fin quanto ne ebbe la possibilità, e quando il suo campo visivo non riuscì più a intravedere neanche l’ombra della sagoma del suo coetaneo, si decise ad entrare, e ancora entusiasta si preparò una cioccolata calda, e tornò in biblioteca, continuando a studiare i suoi amati, i suoi prediletti scrittori, che in secoli di esistenza ancor non avevan perduto alcun interesse negli occhi dell’umana, e che ancora le sapevano esprimere miriadi di espressioni.

    E dopo millenni, rispondo ouo
    Chiedo venia per l'abisso colossale della mia risposta, ma la scuola recentemente mi faceva decisamente impazzire. Quest'estate avrò tutto il tempo del mondo per rispondere. Lo prometto :D
    Comunque spero che ti piaccia questo niovo post
     
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    Jaaaa, sono contentissimo! Avevo paura che avessi abbandonato tutto :D


    Il pomeriggio del giorno dopo, dalla chiesa di Kooperroè partì una processione di Koopa incappucciati, con al centro il sacerdote, che teneva il libro sacro davanti a sé, teso sopra la propria testa. Il simbolo della religione di Bowser I, il triangolo rappresentante passato, presente e futuro, era rappresentato sulla veste di ciascuno dei Koopa e, colui che guidava tutti gli altri, portava con ambo le mani una scultura del triangolo in legno massiccio, facendo attenzione a tenerlo in alto, alla vista di tutti gli altri. Due ragazzini ai lati del portatore del sacro simbolo facevano dondolare altrettanti incensieri: l'intero gruppo lasciava dietro di sé una nuvola di profumi pesanti e soffocanti. Tutti intonavano una versione modificata del "Bouzer Eleison": chiaro segno della loro presenza che faceva fuggire tutti coloro che non volevano nulla a che fare con quella specie di setta, una volta tanto popolare.
    Nel villaggio del tempietto di Kooperroé, dove bene o male tutti appartenevano a quella corrente religiosa, i Koopa s'inginocchiavano davanti a quella suggestiva processione, segnandosi devotamente e mormorando preghiere cacofoniche. Ma, man mano che il gruppetto si allontanava dal proprio nido, iniziava ad isolarsi sempre di più dagli altri esseri viventi: i giovani Koopa tiravano immediatamente i telefonini fuori dalle tasche, facendo finta di controllare i messaggini per non incrociare gli sguardi con quelli dei Testimoni; i Koopa più anziani che portavano i propri Categnacci a passeggio si allontanavano velocemente, dando poi la scusa ai propri animali domestici per il percorso deviato. insomma: quella corrente religiosa che aveva provocato così tanti danni qualche tempo prima era ormai ridotta a un piccolissimo numero di credenti, considerati pazzi dagli altri.
    Abbondio, vaso di coccio in mezzo a vasi di ferro, visibilmente più alto dei compagni, continuava a pregare. I Koopa dietro di lui, fra un Bouzer Eleison e l'altro, gli facevano lo sgambetto, gli davano leggeri spintoni... Uno gli aveva persino attaccato la gomma da masticare sui capelli, dicendo poi: «Specie poco evoluta, ancora tutti quei peli... Ahaha!». Abbondio non poteva far altro che pregare, anche se non riusciva a credere in un dio che aveva elevato alla gloria solo la specie dei Koopa. Ma pensava sempre al lato "misericordioso" dell'altissimo padre, concentrandosi solo e solamente su quello.
    La processione si fermò davanti alla casa dei Merlani: i membri dell'Accademia degli Schiaffi non erano ancora lì (o forse erano già riuniti all'interno dello squisito edificio). Proprio nel momento in cui si fermarono, i Koopa finirono anche quella cantilena monotona. Le nuvolette d'incenso ora si sollevavano verticalmente.
    Abbondio, spinto dai compagni, si separò dal gruppo, andò davanti al cancello che un po' di tempo prima era stato calpestato senza pietà dalle guardie reali e, ricevuta l'acqua benedetta da uno degli addetti all'incenso, recitò un'altra cantilena, molto più veloce: «Prima che il sommo sacerdote del tempio di Kooperroé possa calpestare questa terra sconsacrata, abitata da eretici e miscredenti, io, suo umile servitore, debbo bagnarla delle lacrime di Bowser I, affinché purificassero la via calpestata da piedi peccaminosi e sondata da sguardi carichi d'odio...». Finito tutto l'ambaradàn, iniziò a cospargere il cancello di acqua impregnata di oli e polverine odorose, facendolo arrugginire visibilmente. Mormorii partivano dal superstizioso gruppetto («Il cancello è stato purificato!» «Era pieno di peccati, ed è quasi ceduto davanti all'acqua sacra!»). In realtà era solo la composizione chimica di quel fluido, malamente miscelato e fatto fermentare in una botte per anni e anni. Un po' del liquido finì anche sui fiori dell'aiuola, e sull'erbetta verdissima del giardino.

    Ormai è una tradizione, ogni volta che succede qualcosa che sconvolge l'ordine iniziale il cancello viene maltrattato x°D
     
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  11. Bowser and Peach
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    Lo so... scusami per l'attesa infinita. Comunque non è mai stata mia intenzione abbandonare il GDR, ma semplicemente ero molto impegnata per la scuola, e ho dovuto far delle scelte anche con l'altro forum. Comunque spero che con l'estate abbia più tempo per risponderti ouo


    Passò una notte da quando Giulia invitò Abbondio, quella che ella riteneva una povera persona abbindolata da un sistema religioso fin troppo antiquato e mal interpretato, secondo un occhio critico e colto, quella fu una serata come tutte le altre, nella villa della nobile famiglia alla quale la marchesina apparteneva quasi a tutti gli effetti e la quale la ragazza cominciava a onorare e dar lustro dopo quella serie di trascorsi che la casata vide mesi e mesi prima. Ella dopo aver continuato a studiare com’era risaputo essere suo solito, cenò, quando i genitori tornarono piuttosto contenti dalla vendita di beneficienza indetta da Don Flavio per quel magnifico meriggio, con un pasto tutto sommato leggero, continuò nella lettura del suo Koopane Koopeire, nel quale era arrivato al punto culminante, quello in cui il signor Koopester si rivelò essere una persona già unita ad un’altra donna, per di più pazza e dall’indole piuttosto violenta, e continuò a scrivere tramite Kuotsapp attraverso il suo caro Alessandro, quel giovane koopa che le faceva battere il cuore, nonostante ella stessa fosse un’umana, ma non solo a lui, ma anche al resto della componente adolescenziale del resto dell’Accademia. Giulia, nel pieno dei suoi sentimenti, ancora entusiasta per l’incontro che si sarebbe dovuto svolgere il giorno innanzi, scriveva velocemente, con la stessa allegria che poteva descrivere la sua infanzia, o anche alla sua fanciullezza, prima di quel grave misfatto. Uno scambio d’idee piuttosto importanti si sarebbe dovuto svolgere nel suo palazzo neoclassico, che sembrava rassembrare un edificio antico, di quelli che si potevano vedere alcune rovine in luoghi ormai divenuti mete turistiche sia a IsolBowser che altrove, quelli dove videro nascere l’arte sublime della filosofia e del teatro o importanti conquiste sul piano politico, come la democrazia, quella che vigeva sulla Koopalandia e quella che nell’isola dove il palazzo era ubicato, non era neanche nei sogni e aspirazioni dei dotti. Quella casetta nobiliare avrebbe ospitato un’altra disputa, che la marchesina si augurava come un lieto evento, dove si sarebbe semplicemente parlato di religione e se il buon vecchio Bowser I nella sua piena misericordia permetteva , anche di tanti altri argomenti, tutto ciò dipendeva dalla mentalità degli adoratori invitati, che dopotutto ci si auspicava non essere così chiusa.
    Ma purtroppo, non fu così.
    La notte diede immediatamente spazio a un nuovo diurno, quello che la famiglia Merlani attendeva con così tanta fremenza: tutti i membri dell’Accademia degli Schiaffi furono convocati a recarsi nel palazzo umano a un orario pressoché inconsueto, mattutino, contrariamente all’appuntamento pomeridiano con cui ci si soleva riunire. Erano tutti vestiti piuttosto elegantemente, com’era loro solito, specialmente per la cara Adelaide, che non esitava a sfoggiare il suo abito migliore, come se dovesse assistere alla prima del teatro alla Koopala di Cittix, uno dei pochi edifici antichi rimasti nella grande e prolifica città capitale di IsolBowser, tutti eleganti, eccezion fatta per Don Flavio, che continuava a indossare il suo amato abito talare, talmente pieno di bottoni che Pietro e Alessandro solitamente si chiedevano, nelle loro confessioni fraterne come facesse a metterselo, oppure se aveva un altro modo per indossarlo, come una zip segreta, o come aveva ipotizzato il fratello maggiore, non se lo toglieva mai, quindi giustificava il suo odore continuo di sudore.
    Tornando all’atmosfera di Palazzo Merlani, tuttavia, si poteva ravvisare, oltre all’allegria sprigionata dalla marchesina Giulia, una certa ansia, fatta trapelare dalla stessa, seppur inconsciamente, una paranoia che aveva come bersaglio il comportamento del membro della casta alla quale Abbondio era parte. Sicuramente si sperava in un carattere civile ed educato, ma con quella gente non si riusciva mai a sapere, e il primo segno che il disagio e che una battaglia verbale si sarebbe forse dovuta svolgere da quel momento fu una canzone che si cominciò a sentire in un momento, preannunciando l’arrivo del giovane Abbondo, un Bouzer Eleison? Non era solo, quell’umano!
    Pietro si affacciò alla finestra, e ravvisò con suo totale disgusto una processione, una di quelle che si era soliti svolgere durante i primi anni da quando fu indetta la religione di Bowser I. Un corteo lungo, quasi chilometrico, cantava, probabilmente con tutta la voce che avevano in gola quella canzone dai toni antichi, una folla, in cui la figura di Abbondio si riusciva a riconoscere in maniera perfetta, essendo esso molto più alto rispetto agli altri ed umano.
    “Ma pensavo che venisse solo lui…” mormorò la marchesina Giulia lasciando cadere il suo peso in una pregevole sedia fatta in mogano e dallo schienale ricoperto in velluto rosso, la cui allegria, in quel momento svanita come per magia, terrorizzata da quello stuolo di persone accalcate dinnanzi al cancello di casa sua. Essi, ancora rintanati dentro al palazzo, con Pietro che stava a osservare davanti alla finestra a far da vedetta, sentirono nettamente il discorso di Abbondio e il suo conseguente gesto. Cosa stavano per fare? Perché stavano per buttare l’acqua santa proprio in quel martoriato pezzo di metallo? Cosa volevano dimostrare? Pietro fu l’unico testimone visivo che non fosse adepto del tempio di Kooperoé a vedere con i propri occhi tal scena, ma immediatamente gli saltò all’occhio una cosa: quella non era acqua santa! Ma una composizione chimica basata su elementi che l’ormai ex amico Iggy durante la fuga aveva descritto, aceto e candeggina, a riconoscerlo fu per il colore verdastro del liquido.
    Egli piuttosto adirato uscì dalla stanza, sebbene Ernesto, il fratello Alessandro, nel frattempo terrorizzato e avvinghiato tra la ragazza e il suo adorato Socrate e la madre gli avessero suggerito il contrario, per non istigare ancor di più gli adepti della casta, e si diresse direttamente verso il giovane Abbondio per strappargli di mano la bottiglietta attraverso, la cui etichetta parlava chiaro: era infatti una soluzione di aceto e candeggina.
    “La prossima volta che volete rendervi ridicoli usando la religione per rovinare oggetti altrui, e sminuire gli altri fatelo bene! Questo è tutto tranne che acqua santa!” urlò leggendo successivamente la formula di quell’acido davanti a tutti, e mettendo maggiormente nel panico i suoi amici della sua adorata Accademia, impauriti da future reazioni, probabilmente anche violente nei confronti del koopa rosso da parte di quegli elementi della casta.

    Non si riesce a fregar facilmente il signor Pietro ouo
     
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    Abbondio si riprese la bottiglietta, guardò preoccupato il maestro e poi iniziò a parlare con calma sorprendente: «Prima di insultare gli altri, informati, mio caro amico!» parlava come se avesse imparato a memoria una formula «Abbiamo due tipi di acqua santa. Adesso stiamo utilizzando l'Infuso di Kamek, che Bowser I utilizzò per cacciare i sacerdoti ipocriti dal tempio...» la scena della cacciata dei sacerdoti ipocriti veniva considerata apocrifa dalla maggior parte dei Koopa, poiché era una delle poche parti in cui non veniva posto in risalto l'aspetto misericordioso del grande Bowser, ma i Testimoni erano convinti del fatto che fosse a tutti gli effetti parte integrante del libro sacro «... Comunque, se non vuoi che versi quest'acqua anche sulla tua faccia, torna nella tua villetta!»
    Alcuni dei Koopa della processione ridevano. Però, in quel momento il sacerdote si alzò, tenendo alto il libro sacro e dicendo: «Il resto della processione può andarsene» si rivolse ai Koopa che già protestavano «Mi servivate solo da protezione contro le impurità della realtà mondana. Mi sono già spalmato la crema Kamek in faccia ora, sono quasi immune. Potete davvero andare! Altrimenti vi infliggo vent'anni di attesa in più in purgatorio!»
    Tutti i Koopa, portando con se incensieri, simboli sacri in legno, ampolle di acqua e oli, se ne andarono brontolando e pregando di malavoglia. Il sacerdote, dopo aver guardato malissimo il povero Pietro, poggiò una mano sulla spalla di Abbondio e sussurrò: «Dato che sei stato tu a propormi di venire qua, puoi rimanere a guardare come disquisisco egregiamente... E che questa lezione ti possa almeno risparmiare dai cerchi più bassi dell'inferno!»
    Il sacerdote di Kooperroé suonò il campanello, mentre guardava disgustato il cancello mezzo corroso, tappandosi il naso. Entrò nella casa e io, umile narratore, credo che Pietro fu più che felice nel vedere che l'ampolla di acqua santa/infuso di Kamek non era con loro. Naturalmente Abbondio si vergognò un attimo: aveva visto pochi umani e non aveva mai parlato con nessuno. Nella sua testa purtroppo rovinata da quell'ideologia inculcatagli così violentemente, non pensò nemmeno alla possibilità di poter passare dalla loro parte e condurre una vita normale. Il sacerdote fece un larghissimo sorriso e s'inginocchiò davanti ai presenti, presentandosi poi a ciascuno di essi, baciando mani e facendo segni del triangolo quasi a vanvera. Quel comportamento sorprese molto il giovane umano, che si accomodò su un divano non senza prima essersi scusato con quelli vicini per la sua presenza. Nonostante l'aspetto, era molto timido. In effetti, tutto il mondo dei Testimoni di Bowser era un po' ossimorico (edifici nuovi in cui pullulavano Koopa dalle superstizioni medievali, giovani che erano costretti ad essere chiusi in casa tutto il tempo per concentrarsi sulle sacre scritture...).
    «Scusate se interrompo qualsiasi discorso stavate facendo...» iniziò il prete, aprendo il suo preziosissimo libro «Sono uno dei rappresentanti dei Testimoni di Bowser I. Se volete venire ad assistere ad una seduta religiosa, siamo nel vicino paesello di Koopharon.» arrivò alla pagina giusta e continuò: «Vi leggo solo una parte della nostra traduzione dalle sacre scritture: "Bowser, mentre si dirigeva verso il tempio, vide un Koopa che piangeva. Gli domandò gentilmente quale fosse la ragione del suo dispiacere e lui rispose che per sbaglio aveva insultato il grandissimo dio re dei cieli. Bowser non reagì spaventosamente come invece avrebbero fatto i sacerdoti ipocriti. Disse semplicemente che lui era dio e, in quanto tale, l'avrebbe assolto dal peccato". È in questo pezzo che si capisce tutto. Il nostro dio, sceso in terra per purificare i Koopa dai peccati, è misericordioso... Se non erro, la vostra traduzione, anziché dire "l'avrebbe assolto dal peccato", dice "non l'avrebbe assolto dal peccato". Questo è nato da una piccolissima svista, poiché nell'antica lingua Bowseriana la forma positiva e quella negativa di un verbo sono molto simili... E questo fraintendimento è presente anche in tantissime altre pagine della vostra traduzione della sacra scrittura. Vi pregherei di tornare alle origini della religione, dove niente è corrotto dal denaro, dalla superbia... Una religione pura, con un dio misericordioso che sa perdonare...»
    Kooperroé guardava tutti i presenti con un'aria dolce e con un sorriso d'incitamento, mentre guardava le pagine del suo libro con occhi colmi di lacrime, carichi di speranza. Anche Abbondio era commosso solo pensando all'infinita benevolenza che doveva avere Bowser I, guardando sorridente i presenti. Vide anche Giulia e subito una fiamma divampò dentro di lui. Sapeva che stava per essere trascinato in basso dagli istinti, ma non poté non riguardare gli occhi che aveva mirato il giorno prima. “È un vinculum, queste sono le passioni di cui parlava il mio amato prete, quelle che mi allontanerebbero ulteriormente da Bowser I...”. Nonostante tutte quelle emozioni lo facessero preoccupare più del famoso monaco medievale Adso da Melodiodromo alla vista di una bellissima Koopa del villaggio, in realtà Abbondio non si rendeva conto che la vista di Giulia gli stesse sbloccando lentamente il cervello, indirizzandolo a una mentalità più aperta. Naturalmente, in quei primi minuti, nella testa del ragazzo non c'era altro che un groviglio di pensieri e sentimenti contrastanti. Dopo essersi accorto che stava fissando la ragazza da un po' troppo tempo (forse anche lei se n'era accorta...), distolse immediatamente lo sguardo, arrossendo visibilmente. Cercò di concentrarsi sul dibattito che diveniva sempre più acceso, interessante e profondo.
     
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  13. Bowser and Peach
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    Oddio, citazioni al nome della rosa *-* Bellobellobelloooo


    “Che empietà di argomenti” pensò Pietro guardando sarcasticamente la scenetta a suo parere ridicola indetta da Abbondio e dalla processione, che il Sacerdote Supremo di Kooperoé aveva così malamente scacciato, imitando perfettamente il Sommo Bowser I durante quell’episodio a cui aveva appena attinto quella figura religiosa. “Crema di Kamek” continuava a pensare, trattenendo a stento una fragorosa risata, forse ancor più forte di quella che aveva preceduto la spiegazione dell’unguento che avrebbe protetto in un qualche modo dal peccato la faccia del religioso. Egli, tuttavia, eseguì il suo ordine e si diresse verso la villetta dei Merlani, aprendo la porta ai due personaggi dalla mentalità piuttosto bigotta, dentro la quale la famiglia ospitante il diverbio e il resto dell’Accademia la quale dirigeva Ernesto erano pronti per accoglierli con il massimo della cortesia possibile, anche se era difficile in una situazione del genere: una certa ansia si riusciva a percepire tra gli sguardi delle persone, specie in quello di una Giulia pentita della ingenua richiesta che porse all’umano che aveva innanzi, così orgoglioso di una religione che probabilmente egli non riusciva a comprendere per nulla. Pietro, invece, come si poteva immaginare, era sollevato, rassicurato in parte dall’assenza dell’acqua santa, ch’egli definiva tarocca, fasulla, nonostante la spiegazione a cui egli non credeva.
    “Accomodatevi pure” mormorò sua madre, nella sua enfasi civettuola –che tuttavia in quel momento si sforzava di usare, al contrario di altre situazioni che la vedevano coinvolta- che la caratterizzava da sempre, che la rendeva un personaggio degno di essere la protagonista di una commedia di Koopière o di Goomboni. Essi fecero come detto, probabilmente, e cominciarono a dibattere, a discutere, però con la solita irruenza e la cocciutaggine tipica di chi aveva ormai la mente assueffatta da certe ideologie, opinioni che difficilmente si potevano salvare.
    Ogni tanto anche Giulia interveniva, interrompendo con il suo solito garbo la discussione, e sperava che qualcuno l’ascoltasse, anche se ormai sapeva che non era così, o almeno così per il Sommo Sacerdote, mentre Abbondio sembrava più strano. Giulia, intenerita dalla sua espressione, gli fece un sorriso, ma ella non si rese conto di ciò che stava innestando dentro di lui…
     
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    Il dibattito era molto acceso e stava andando avanti da ore. Il sacerdote era sempre sorridente, non diceva: «Ora vi ammazzo! Sarete tutti all'inferno!», anzi, sembrava molto aperto alle idee dell'Accademia degli Schiaffi. Sembrava quasi avere la mente più aperta di Pietro che non solo aveva bistrattato i loro oggetti sacri, ma continuava ad insultare quella setta religiosa nella sua mente. Forse quella del prete era soltanto una maschera, ma sembrava talmente benevolente, sorridente, calmo e gentile che era quasi impossibile contraddirlo.
    «Amici miei, — diceva, felice, ma assetato — come si può dire di no al nostro dio benevolente? Come si fa a rifiutare la zampa che ci tende amorevolmente dal cielo? Lo so... Abbiamo un sovrano, correntemente, che non gli fa giustizia. Ma la religione prolifera sulla Terra, colpita dal divenire. Anche noi siamo imperfetti e adesso persino Bowser è mondanizzato. Ma non si può criticare il discendente di Bowser I, in quanto terzo elemento del segno del triangolo. Noi preghiamo affinché tutti tornino alla vera fede di una volta... — il sacerdote bevve un po' d'acqua (ben pochi forse sapevano che quella era acqua santa, poiché in quella setta i consacrati potevano bere soltanto acqua "del loro livello") — E... Scusate se parlo troppo, poi lascerò anche spazio a eventuali domande, dato che si sta facendo tardi. Ricordate che non siamo qui per trasmettere un messaggio di odio, ma uno di pace e d'amore! Ho già visto dagli sguardi di stamattina, del nostro amico Pietro... — che memoria! aveva sentito il nome del Koopa una sola volta e lo sapeva già — Sguardi carichi d'odio, di disprezzo. Perché? Perché così tanto odio nei confronti di chi vuole diffondere l'autentico messaggio di Bowser I, un messaggio colmo di pace e speranza?»
    Abbondio era riuscito a tornare sulla retta via dopo aver ascoltato questo discorso. Si asciugò le lacrime dagli occhi e per un momento si dimenticò di tutti quanti i suoi problemi. Era in comunione con Bowser I, lo sentiva dentro di sé, umile, vuoto ma subito riempito... Aprì gli occhi e vide Giulia davanti a sé. Quel momento di estasi religiosa finì immediatamente, mentre le passioni trascinavano il povero umano sulla terra. Quello era il giorno "quando i' fu preso, et non me ne guardai, ché i be' vostr'occhi, Donna, mi legaro" pensò poeticamente il ragazzo, mentre stringeva a sé l'emblema del triangolo. In quel momento, si trovava davanti a due vie: il cielo o la terra? Bowser I oppure Giulia? Entrambe le soluzioni parevano allettanti... Forse era meglio seguire la strada più semplice... Giulia era la strada più semplice, ma come sul famoso Monte Kooposo, le strade semplici non sempre avrebbero portato alla cima. Quanto voleva il nostro Abbondio che il cielo fosse in terra e la terra nel cielo!
    Interrotti questi pensieri, Abbondio si avvicinò a Giulia, sorridendo e dicendo a bassa voce per non disturbare la discussione: «Ciao... Giulia... Scusa se ti rivolgo la parola così, ma vedo che noi due non abbiamo tanta voce in capitolo. Allora volevo che mi parlassi un po' di cosa fate voi, umani, nella vostra vita diversa, nei vostri templi diversi... Andate ogni giorno a pregare?» e sorrise. In quel momento di confidenza in più, si poteva chiaramente vedere che Abbondio era uno di quei ragazzi che avrebbero avuto una cronologia lunghissima di fidanzate sulla Terra, e magari la mamma di Giulia se ne sarebbe potuta accorgere. Ma le ideologie riescono a rendere anche più debole il più forte. Si parlava di una Koopa bellissima: la sua voce era armoniosa, la sua faccia incantevole, favo che gocciola eran le sue labbra, miele e latte la sua lingua, il profumo del suo respiro era quello dei pomi, i suoi seni come grappoli d'uva, il suo palato vino squisito che fluisce su labbra e denti... Ma viveva in un villaggio dove regnava costante la paura di essere incolpati di essere Magikoopa (prima della diaspora, i Magikoopa da Kameklandia, con i loro incantesimi, erano ritenuti simili al demonio). Nonostante l'aspetto incantevole, la ragazza, oppressa dalla paura, non riusciva a parlare con nessuno e scappava quando i Koopa del castello la corteggiavano. Tutto questo serve per dire che il detto "Non giudicare un libro dalla sua copertina" è vero quasi sempre quando ci sono regimi oppure ideologie che opprimono.

    Ahaha! So che Giulia non lascerà mai Alessandro... Comunque bello il romanzo Il Nome della Rosa, vero? L'ho letto in pochissimo tempo e a me è piaciuto tantissimo (anche se allo stesso Umberto Eco non è piaciuto)... Reputami pazzo, ma non ho nemmeno saltato le pagine con le discussioni sulla religione e sulle eresie, dato che le stavamo facendo anche in storia... Tu l'hai letto? A quanto pare sì xd
     
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13 replies since 27/3/2016, 16:21   137 views
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